domenica 26 aprile 2009

Il tromboembolismo arterioso del gatto

Questa condizione in genere consiste in una complicanza abbastanza frequente della patologia miocardica del gatto spesso dovuta a ipertiroidismo, ma, sempre nel gatto, vi sono anche altre cause (sebbene meno frequenti) tra cui la filariosi cardiaca, endocarditi batteriche, processi infettivi o di altra natura che determinino un'alterazione della coagulazione del sangue (DIC) e naturalmente forme idiopatiche.
Trombosi ed embolia caratteristiche di questa patologia sono dunque conseguenti a rallentamento o stasi del circolo, alterazioni della coagulabilità ematica, traumi tissutali localizzati o dei vasi sanguigni e ancora ad una combinazione di tali eventi.
A seconda della sede in cui il trombo va ad annidarsi si ha una differente sintomatologia clinica: se a livello polmonare, difficoltà respiratorie; a livello cerebrale, crisi epilettiche e diversi tipi di deficit neurologici; a livello renale, insufficienza renale acuta; a livello di apparato gastroenterico, ischemia intestinale; a livello di arteria brachiale, paresi e dolore a carico dell'arto anteriore.
Ma la sede più comune (si parla di oltre il 90% dei casi di tromboembolismo arterioso), almeno nel gatto, è rappresentata dalla biforcazione aortica, laddove originano le due arterie iliache: proprio per questo si parla di trombo a cavaliere.
I sintomi clinici si manifestano in modo acuto e sono solitamente piuttosto evidenti: il soggetto emette vocalizzi acuti dovuti a dolore ed agitazione e per gli stessi motivi può presentare reazioni aggressive se manipolato, si ha poi la comparsa di una paresi o paralisi improvvisa (a seconda dell'estensione e della durata del blocco circolatorio arterioso). Frequentemente manca un'anamnesi di patologie cardiache.
Le pulsazioni femorali sono assenti, gli arti sono freddi al tatto, il letto capillare ungueale è cianotico (se si taglia un unghia dell'arto interessato noteremo assenza di sanguinamento), i cuscinetti plantari sono pallidi e i muscoli colpiti (di solito tibiale craniale e gastrocnemio) sono rigidi e dolenti.
Il soggetto colpito di solito riesce a flettere ed estendere le anche, ma trascina gli arti posteriori e la sensibilità di questi ultimi è notevolmente ridotta. A volte l'embolizzazione interessa una sola arteria iliaca, così che il deficit neurologico va ad interessare in misura maggiore soltanto l'arto del lato colpito con conseguente paresi e zoppia monolaterale.
Alla visita clinica poi si notano spesso i sintomi di una insufficienza cardiaca congestizia: anoressia, letargia, debolezza, sintomi respiratori (come tachipnea e/o dispnea), con la presenza di un soffio cardiaco sistolico o di un'aritmia, cardiomegalia e versamenti (ascite, edema polmonare).
Per quanto riguarda le alterazioni che si evidenziano agli esami ematici di routine, abbiamo a partire dalle 12 ore successive all'evento tromboembolico, un innalzamento dei valori di ALT e AST per i danni e la necrosi muscolare, che raggiungono il picco dopo 36 ore.
Inoltre l'esteso danno muscolare genera anche un rapido aumento di LDH e CPK che permane per diverse settimane. Infine possono verificarsi coagulazione vasale disseminata (DIC), acidosi metabolica e iperkaliemia secondarie al danno muscolare da ischemia e ipoperfusione.
La misurazione della pressione arteriosa può svelare un' ipertensione sistemica (ovvero valori uguali o superiori ai 180 mmHg)
L'esame migliore per evidenziare le correlazioni tra il tipo di patologia miocardica presente e l'evento tromboembolico conseguente è sicuramente l'ecocardiografia che di solito permette di rilevare diverse anomalie quali la presenza di trombi nelle camere cardiache, una dilatazione atriale sinistra, l'ispessimento del setto interventricolare e/o della parete libera del ventricolo sinistro con ipertrofia dei muscoli papillari, tutti segni di cardiomiopatia ipertrofica felina.
Tra le diagnosi differenziali vanno considerate tutte le altre cause di paresi acuta degli arti posteriori: patologie dei dischi intervertebrali, neoplasie spinali (compreso il linfoma), gli infarti fibrocartilaginei, la neuropatia diabetica e la miastenia gravis.
La prognosi varia da riservata ad infausta, con elevate probabilità di recidive.
Circa i due terzi dei soggetti colpiti purtroppo muoiono per sopraggiunte complicanze o il verificarsi di nuovi eventi tromboembolici in altri distretti e spesso si rende necessaria un'eutanasia compassionevole per la presenza di un dolore insopportabile e non responsivo alle terapie sintomatiche ed eziologiche.
Per quanto riguarda la terapia diciamo che essa è ancora argomento di discussione, in quanto finora non si è riusciti a definire un trattamento standardizzato sia per quanto riguarda la durata che i dosaggi dei vari farmaci e soprattutto ad individuare quale sia il migliore.
Sicuramente occorre fornire una terapia di sostegno che permetta la formazione di una circolazione sanguigna collaterale (in 2-5 giorni). Solitamente si interviene con analgesici proprio perché si tratta di una patologia davvero molto dolorosa per il paziente, e ovviamente si cerca di agire cercando di prevenire la formazione di ulteriori trombi, somministrando anticoagulanti (eparina a basso p.m., streptokinasi, acido acetilsalicilico, warfarin, ecc.) sebbene questi ultimi possono comportare conseguenze secondarie dovute ad emorragie incontrollabili, per cui l'animale in corso di terapia antitrombotica, andrebbe ospedalizzato e monitorato attentamente, controllandone quotidianamente il profilo coagulativo.
Tra le terapie di sostegno invece bisogna includere cure infermieristiche generiche, la correzione dell'ipotermia, il trattamento della disidratazione tramite una fluidoterapia adeguata che assicuri tra l'altro il controllo dell'iperkaliemia e dell'acidosi metabolica.
In alcuni soggetti si potrebbe poi rendere necessaria la fasciatura degli arti posteriori colpiti per preservarli dall'automutilazione.

E' sconsigliabile invece la rimozione chirurgica del coagulo (tranne forse per i trombi soprarenali) proprio perché il rischio chirurgico è elevato a causa della concomitante insufficienza cardiaca scompensata, presenza di aritmie, DIC e ipotermia. Inoltre se il danno neuromuscolare dovuto all'ischemia si fosse verificato già da un po' di tempo non sarebbe in ogni caso reversibile, per cui non si giustificherebbero i rischi e le difficoltà connessi all'intervento.
Invece sarebbe opportuno tentare di controllare la concomitante insufficienza cardiaca congestizia con una terapia adeguata, anche per evitare ulteriori complicazioni. A volte, quando ciò fosse possibile, si potrebbe osservare un ritorno alla normalità degli arti colpiti entro una o due settimane, o in altri casi in uno, due mesi. In genere però residuano quasi sempre deficit invalidanti, come lo sviluppo di atrofia muscolare permanente o una deformità degli arti stessi, che occasionalmente rendono necessaria l'amputazione degli stessi.

giovedì 16 aprile 2009

A Roma un registro dei tumori animali

Finalmente è partito, anche se soltanto sotto forma di progetto sperimentale e limitato ad un'area abbastanza ristretta della città di Roma, qualcosa che era da tempo augurata e auspicabile, ovvero la creazione di un registro comune per la registrazione della casistica e della distribuzione sul territorio di tumori animali ed umani, proprio per cercare di capire quale peso hanno in oncologia i fattori ambientali e soprattutto per valutare la correlazione tra la presenza di determinati tipi di tumori e specifici inquinanti ambientali.
Il tutto è il logico frutto della prima assemblea costituente tenutasi a Bucarest (Romania) il 26 e 27 febbraio scorsi per il "Forum Mediterraneo di Oncologia Comparata", che ha visto partecipare, sotto l'egida del Ministero della Sanità e della ricerca rumeni e del CEROVEC (Centro di Referenza per l´Oncologia Veterinaria Comparata), docenti delle Facoltà di Medicina Veterinaria italiane, esponenti del mondo accademico Rumeno e Spagnolo e ricercatori degli Istituti Zooprofilattici Italiani.
Estrapolo per intero la notizia resa nota alla stampa durante la conferenza di presentazione di tale progetto pilota tenutasi il 7 aprile scorso e illustrata dal Prof. Alessandro Ciorba dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana (IZSLT), dal Prof. Vittorio Colizzi dell'Università di Roma Tor Vergata, e dal Dott. Pietro Alfonsi (Servizio Veterinario della ASL Roma B), così come la riporta il nostro Vet.Journal on line:
"Stiamo parlando di un vero e proprio progetto di oncologia comparata che incrocerà i dati epidemiologici delle neoplasie canine, feline ed umane: un registro dei tumori animali per un progetto di oncologia comparata che confronta le neoplasie di cane, gatto e uomo e incrocia i dati ottenuti con quelli territoriali, al fine di fare luce sulle possibili cause tumorali, inquinamento ambientale incluso.
È questo l'obiettivo del progetto realizzato da Asl Roma B, Centro di oncologia comparata (COC), Universita' di Tor Vergata e Istituto Zooprofilattico sperimentale del Lazio e della Toscana, che istituisce a Roma (come in precedenza Genova) una zona pilota con la creazione di un registro animale dei tumori".
''L'iniziativa – ha spiegato Alessandro Ciorba (Facoltà di medicina veterinaria di Perugia; IZS Lazio) - si fonda sull'interdisciplinarietà degli studi di oncologia comparata e delle potenziali ripercussioni di tipo epidemiologico ed ambientale".
"Inizialmente - riferisce Ciorba a Vet.Journal - il progetto si concentrerà sui tumori mammari degli animali e della donna, per valutare la presenza di uno specifico oncogene (ErB-2), iperespresso nel tumore della mammella della donna e presente nel 70% circa delle neoplasie mammarie feline e nel 30-40% circa di quelle canine".
"Fondamentale per il progetto sarà la collaborazione tra medici veterinari liberi professionisti e di sanità pubblica.
Dei 55 ambulatori veterinari presenti nell'area pilota Roma B - spiega Ciorba - la maggior parte ha comunicato la disponibilità a inviare al Centro di Oncologia Comparata (COC) materiale patologico prelevato da cani e gatti affetti da neoplasie, eventualmente accompagnato dal referto istopatologico del laboratorio di fiducia".

"Il COC (divenuto operativo a Roma dall'inizio del 2009) elaborerà tutti i dati territoriali di cani e gatti comparandoli con quelli umani. Sarà istituito un database formato dai dati dei pazienti, uomini e animali, correlati al territorio di residenza.
Tutte queste informazioni saranno consultabili sui siti internet degli enti che partecipano al progetto".

domenica 12 aprile 2009

Il granuloma eosinofilico del gatto

Il granuloma eosinofilico è una vera e propria sindrome che interessa il gatto e che si può presentare sotto 3 forme differenti, tutte comunque caratterizzate da una intensa reazione infiammatoria cutanea che si sviluppa come risposta ad uno stimolo allergico primario (puntura d'insetti, ingestione di determinati alimenti, atopia, ecc.) o da altri fattori immunomediati.
E' stato ipotizzato che in certi casi possano avere un ruolo anche determinati agenti infettivi, quali batteri o virus, oppure lo stress; ma in realtà l'eziologia non è ancora stata chiarita in modo definitivo.

Le tre forme di questa sindrome sono:
1) La placca eosinofilica

si caratterizza dalla presenza di lesioni ispessite, dall'aspetto rotondeggiante, ben circoscritte, singole o multiple, rialzate, eritematose, erose o ulcerate che si possono localizzare ovunque sul corpo, anche se in genere si rinvengono più frequentemente sull'addome e sulla faccia interna delle cosce, con presenza o meno di coinvolgimento linfonodale locale.
Generalmente è associata ad un intenso prurito.

2) Il granuloma lineare

si caratterizza dalla presenza di lesioni solitamente singole, sotto forma di ispessimenti allungati e rialzati, duri e lineari o sotto forma di tumefazioni edematose (quindi molli) o dure, papulari o nodulari.
Possono altresì essere leggermente eritematose, alopeciche, erose o ulcerate; ma di solito non sono né dolenti, né pruriginose.
Si possono localizzare anch'esse ovunque sul corpo, ma normalmente si trovano con maggiore frequenza sul bordo caudale delle cosce o su mento e labbra.
Anche qui può essere presente una linfoadenomegalia regionale.
Le lesioni orali sono caratterizzate da papule, noduli o placche ben circoscritte che si localizzano su lingua e/o palato e pertanto i gatti affetti da questa forma presentano facilmente disfagia (difficoltà a deglutire), disoressia (appetito capriccioso) e alitosi (alito maleodorante).
3) L'ulcera indolente

in quest'ultimo caso le lesioni iniziano sotto forma di piccole ulcere crateriformi, con margini rialzati e si localizzano di preferenza sul labbro superiore.
In genere sono unilaterali, ma possono presentarsi anche simmetriche, bilateralmente.
L'ulcera può ingrandirsi progressivamente e divenire presto deturpante; ma non è mai pruriginosa o dolente.
Come nelle forme precedenti si può associare a linfoadenomegalia loco-regionale.
Sebbene ognuno dei tre quadri reattivi possegga delle caratteristiche istologiche distinte, possono esistere delle sovrapposizioni ed alcuni gatti possono anche essere colpiti da più di una forma contemporaneamente o in tempi successivi.
E' per questo motivo che le tre forme sono state riunite sotto un'unica entità patologica che va sotto il nome di complesso del granuloma eosinofilico.
Sembra poi che ci sia una predisposizione legata all'età e al sesso: il granuloma lineare è più comune nelle giovani femmine, mentre l'ulcera indolente si presenta con maggior frequenza nelle femmine di qualsiasi età.
All'esame citologico si può evidenziare la presenza di batteri intracellulari, che allora indicano un coinvolgimento batterico primitivo o secondario.
Mentre i granulociti eosinofili, che sono una costante sia nella placca che nella forma granulomatosa, e si possono riscontrare sia localmente (a livello della lesione) che nel sangue periferico (sotto forma di eosinofilia), nell'ulcera indolente sono praticamente assenti e invece predominano i granulociti neutrofili e i mononucleati (linfociti e monociti).
In ogni caso la biopsia cutanea rappresenta il mezzo più valido per la classificazione istopatologica delle lesioni e per effettuare una accurata diagnosi differenziale, che si pone sempre nei confronti di neoplasie, granulomi parassitari, da funghi o da batteri.
Venendo al trattamento di tale patologia va detto che è importantissimo effettuare un'accurata anamnesi, prestando attenzione alla concomitante esistenza di allergia da pulci (DAP), atopia, allergia alimentare o altre forme di ipersensibilità, per rimuovere, laddove possibile, l'agente eziologico sospettato ed ottenere di conseguenza una scomparsa o un miglioramento delle lesioni e comunque per rendere più efficace la risposta alla terapia.
Per quanto riguarda i farmaci utilizzati, essendo questo un disordine a base immunitaria, si ricorre per lo più ai corticosteroidi a dosaggi immunosoppressivi in genere associati agli antibiotici, per tenere sotto controllo le infezioni intercorrenti, o, nei casi refrattari ai corticosteroidi, vengono utilizzati agenti immunomodulatori o progestinici, non scevri però da scomodi effetti collaterali.
Alcune situazioni prevedono inoltre l'uso di trattamenti locali col laser oppure di sedute di radioterapia mirata.
Bisogna poi citare l'importanza di una terapia di sostegno che si avvale di integratori quali antinfiammatori naturali a base di acidi grassi insaturi (EFA), aliamidi e Vitamina E.
La prognosi è sempre variabile, anche se in genere buona nella maggior parte dei gatti, sebbene possa essere necessaria una terapia prolungata o ripetuta a cicli regolari.
Ovviamente è migliore in quei casi in cui è possibile identificare la causa primaria, trattandola o rimuovendola.

venerdì 10 aprile 2009

L'alimentazione del cane anziano

Generalmente un cane viene considerato anziano in funzione della relazione tra età, razza e taglia, laddove le razze giganti incorrono in un invecchiamento precoce rispetto a quelle di piccola taglia. Ovviamente esistono poi ulteriori variazioni individuali che non permettono sempre di standardizzare un'età di confine universalmente valida, tra maturità e vecchiaia.
In ogni caso l'invecchiamento è un processo biologico complesso che porta ad una progressiva riduzione della capacità del cane a mantenere l'omeostasi rispetto ai diversi stress fisiologici ed ambientali, determinando un calo della vitalità ed un aumento della suscettibilità a varie patologie.
Ecco quindi che con l'avanzare dell'età si ha un graduale declino delle principali capacità funzionali degli organi interni che subiscono insulti sempre maggiori a livello cellulare ad opera dei radicali liberi, sino alla quasi totale compromissione delle loro funzioni fisiologiche.
Sotto questo punto di vista la gestione alimentare del cane anziano ha un ruolo importantissimo nel rallentare i processi di invecchiamento, minimizzare la perdita delle funzioni organiche, migliorare la vitalità del soggetto ed aumentarne così le aspettative di vita.

Innanzitutto con l'invecchiamento il primo tessuto a ridursi è il tessuto muscolare, che subisce una sostituzione graduale ad opera del tessuto adiposo, con conseguente diminuzione del metabolismo basale dell'organismo.
Quindi il primo obiettivo dal punto di vista nutrizionale consistite nell'evitare l'aumento di peso dovuto all'accumulo di grasso e minimizzare altresì la perdita di tessuto muscolare.
Bisogna pertanto agire sull'apporto calorico, cercando di adeguarlo ai mutati fabbisogni energetici, adattandolo al singolo cane, in base alla sua condizione corporea di partenza, all'attività fisica svolta, alle condizioni ambientali e via dicendo.

Fondamentale poi per contenere la riduzione della massa muscolare è un corretto apporto di proteine, che dovrebbero attestarsi almeno sui livelli di un animale adulto (tra il 16 e il 24% di proteine grezze, se consideriamo l'etichetta di un alimento industriale), cercando di prediligere un alimento con i tenori proteici più elevati: da questo punto di vista però non basta tener conto della quantità, ma è essenziale la qualità, per cui andrebbero assolutamente evitati gli eccessi di tessuto connettivo.
Tutto questo ovviamente senza prendere in considerazione eventuali patologie renali, che richiederebbero un discorso a parte. Per quanto riguarda il tenore in grassi, ricordiamo che un alimento per cani anziani non dovrebbe superare il 15% sulla sostanza secca.
Mentre di estrema importanza è aumentare l'apporto di acidi grassi polinsaturi (Omega-3 e Omega-6 in rapporto di 1:5) nella dieta, in quanto necessari per compensare la progressiva diminuzione degli enzimi desaturasi dell'individuo anziano.

Tra le problematiche da considerare poi durante l'invecchiamento vi sono quelle legate alle modificazioni dell'apparato gastrointestinale.
Infatti in questa fase della vita del cane, si ha una riduzione di tutte le secrezioni: salivari, gastriche, pancreatiche così come diminuiscono le dimensioni dei villi intestinali e il ricambio cellulare.
Ciò si traduce in una variazione delle capacità digestive che impone l'adozione di diete altamente digeribili: quindi, come già detto, le proteine dovranno essere di elevata qualità, evitando i tessuti connettivi e anche gli amidi dovranno essere sottoposti ad un' adeguata cottura.

Anche la motilità intestinale sarà ridotta e pertanto per facilitare il transito è consigliabile aumentare la quantità di fibra insolubile nella razione quotidiana sino ad arrivare al 5-10% dell'apporto energetico totale.
Le eccessive fermentazioni coliche, causa di meteorismo e diarrea, potrebbero essere tenute sotto controllo con l'aggiunta di yogurt all'alimento o meglio utilizzando dei probiotici specifici per il cane.

Un altro aspetto importante è la gestione dell'aumentata richiesta, durante la vecchiaia, di vitamine e sali minerali, sia per diminuita biodisponibilità data dalle ridotte capacità digestive, sia perché la carenza di alcuni minerali specifici nella dieta, facilita il deterioramento di alcuni organi. Il Calcio è fondamentale per mantenere la corretta densità ossea, ed in genere va mantenuto attorno allo 0,8-1% della sostanza secca; ma va sempre considerato in rapporto al Fosforo: il loro rapporto andrebbe aumentato sino ad un valore di 2, diminuendo l'apporto in Fosforo per evitare di danneggiare i reni.
Il Potassio, le Vitamine liposolubili A ed E e quelle idrosolubili del gruppo B, andrebbero somministrate in quantità superiori rispetto ai normali fabbisogni di un adulto, proprio per sopperire all'aumento della loro eliminazione e/o al ridotto assorbimento.
Il Sodio invece non dovrebbe mai superare l'1% del totale della sostanza secca della dieta, per l'aumento nei soggetti anziani del rischio di patologie cardiache e di ipertensione, nonostante una sua carenza eccessiva diminuisca di molto l'appetibilità della dieta.

Infine dato che con l'età anche il sistema immunitario subisce un progressivo declino, l'apporto di antiossidanti naturali come la Vitamina E, la luteina e i carotenoidi, così come altre sostanze (probiotici, nucleotidi e coniugati dell'acido linoleico) potrebbero aiutare a rallentare l'instaurarsi dei deficit immunitari.
Riassumendo dunque la dieta ottimale per un cane anziano può essere indifferentemente casalinga o industriale. Ma nel primo caso è importante rispettare l'adeguato apporto di proteine (scegliendo tagli di carne con poco connettivo), assicurare un adeguata cottura degli amidi (pasta, patate o riso), evitare la crusca (per evitare un eccesso di fosforo), aggiungere un adeguata fonte di fibre insolubili e soprattutto scegliere un integratore alimentare di vitamine e minerali, che rispetti i requisiti sopra detti.
Per quanto riguarda invece le diete commerciali, ne esistono diverse specifiche per cani anziani; nella loro scelta sarà sufficiente valutare che rispettino le caratteristiche desiderabili per l'età geriatrica e soprattutto le esigenze individuali specifiche.
In ogni caso la razione quotidiana dovrà essere ripartita in 2-3 pasti giornalieri, per facilitarne l'assunzione (ricordiamo che l'appetito diminuisce con l'età anche in concomitanza di alcune patologie) e la digestione.
Ovviamente la concomitante presenza di patologie senili andrà adeguatamente indagata e tenuta in considerazione nell'adattamento della dieta alla situazione patologica contingente, a seconda dell'apparato interessato (cuore, reni, fegato, osteo-articolare, ecc.), tenendo sempre presente che l'obiettivo ultimo è quello di mantenere lo stato di benessere del soggetto.