domenica 22 febbraio 2009

L'aggressività del cane dipende da quella del padrone?

Sull'ultimo numero del Vet.Journal sono stati resi noti i risultati di un interessante studio dei ricercatori veterinari dell'Università della Pennsylvania sul comportamento del cane, in cui si dà un ulteriore fondamento scientifico alla responsabilizzazione del proprietario dell'animale da compagnia e alla prevenzione dei comportamenti aggressivi attraverso il controllo dei comportamenti dell'uomo.
La ricerca è stata pubblicata su Applied Animal Behaviour Science, di questo mese (n°117) col titolo: “Survey of the use and outcome of confrontational and non-confrontational training methods in client-owned dogs showing undesired behaviors”.
Riporto qui di seguito l'articolo con il commento del collega Raimondo Colangeli e l'attuale posizione della SISCA (Società Italiana Scienze Comportamentali Applicate).
Prima di rivolgersi ad un veterinario comportamentalista, molti proprietari di cani hanno in precedenza tentato tecniche di modificazione comportamentale suggerite da una varietà di fonti diverse. I consigli spesso includono tecniche di addestramento aggressive che possono scatenare nel cane comportamenti di aggressività per paura o difesa.
Lo studio ha valutato gli effetti sul comportamento e i rischi per la sicurezza delle tecniche storicamente utilizzate dai proprietari di cani in presenza di problemi comportamentali.
A tutti i proprietari dei cani ricevuti presso un consultorio comportamentale nel corso di un anno è stato somministrato un questionario comportamentale riguardante gli interventi comportamentali precedentemente adottati.
Per ogni intervento applicato, al proprietario si chiedeva di indicare se si otteneva un effetto positivo, negativo o nullo sul comportamento del cane, e se si osservava un comportamento aggressivo in associazione al metodo utilizzato. Si chiedeva inoltre ai proprietari la fonte del consiglio comportamentale.
Venivano completati 140 sondaggi.
Le più comuni fonti dei consigli comportamentali erano "se stessi" e "l'addestratore".
Numerose tecniche basate sul confronto come “colpire o dare calci al cane per un comportamento indesiderato” (43%), ''gridare contro il cane'' (41%), ''forzare fisicamente l'animale a lasciare un oggetto dalla bocca'' (39%), “alpha roll” (ruolo del cane alpha, dominante) (31%), ecc. inducevano una risposta aggressiva in almeno un quarto dei cani su cui erano utilizzati.
I cani visitati perché avevano manifestato aggressività verso una persona familiare avevano maggiore probabilità di rispondere in maniera aggressiva ad “alpha roll” e al “no” urlato, rispetto ai cani che avevano altri problemi comportamentali.
Le tecniche basate sul confronto adottate dai proprietari prima del consulto comportamentale, concludono gli autori, erano in molti casi associate a risposte di aggressività.
È quindi importante che il veterinario di base informi il proprietario dei rischi associati a tali metodi di addestramento e fornisca una guida e l’accesso alle giuste risorse per una gestione sicura dei problemi comportamentali.
Il lupo è un animale sociale per eccellenza, spiega Raimondo Colangeli, diplomato comportamentalista ENVF e Presidente SISCA (Società Italiana di Scienze Comportamentali Applicate), e l’incontro con l’uomo dapprima avviene inizialmente su base sinantropica.
La sinantropia, o mutuo vantaggio, si basava sulla possibilità da parte dell’animale di trovare più facilmente una risorsa alimentare, mentre per l’uomo cacciatore-raccoglitore di aumentare la sicurezza del gruppo con la vigile presenza dell’animale; il rapporto tra i due soggetti divenne sempre più relazionale, da una parte favorito dal bisogno umano di esplicare un comportamento epimeletico (accudire qualcuno), dall’altra favorita dall’aspetto fortemente collaborativo dell’ormai cane con una sovrapposizione del suo welfare (benessere) con quello del gruppo di appartenenza.
Proprio per questo bisogno di collaborazione stretta tra uomo e cane, di condivisione delle esperienze con il proprietario quale centro referenziale, gli aspetti comunicazionali e relazionali tra l’uomo e il cane hanno permesso la coevoluzione tra uomo e cane.
La trasformazione del rapporto uomo-cane nei secoli è legata alla modificazione della struttura sociale-economica degli uomini della società.
La “domesticazione” da parte dell’uomo allevatore-agricoltore è la trasformazione del cane in soggetto da lavoro e/o da utilità; da qui inizia quella pressione selettiva da parte dell’uomo sul cane che porterà alla variazione filogenetica delle razze, con importanti differenze morfologiche e comportamentali (caccia, conduttori di greggi, guardiani di armenti, ecc.).
Purtroppo la visione dell’uomo nei confronti del cane tende a basarsi sul meccanicismo, cioè cane in quanto automa.
In questo contesto facilmente la comunicazione da parte dell’uomo diventa assertiva e coercitiva. Da ciò ne conseguono due problemi:
a) il cane entra a far parte del gruppo sociale familiare e in quanto acuto osservatore delle interazioni degli elementi del gruppo, acquisisce e fa proprio lo stile comunicativo: se si alza la voce si dovrà abbaiare, se avvengono conflitti o competizioni basati su scontri fisici all’interno del gruppo familiare, il cane si adeguerà mettendo in atto comportamenti di aggressione per comunicare.
b) la comunicazione basata sulla punizione di comportamenti indesiderati è spesso una punizione ansiogena in quanto esagerata, fuori contesto (le punizioni a posteriori) o etologicamente inaccettabile per il cane; ciò è la causa dell’installarsi di stati psicopatologici quali le fobie e l’ansia, che possono presentare nella loro sintomatologia un comportamento di aggressione.
Tecniche quali ad esempio l’"alpha roll" si basano sulla dominanza e la sottomissione e sono, oltre che sorpassate e non terapeutiche, pericolose in quanto etologicamente non corrette: solamente nel cucciolo si possono mettere in atto i rituali "fisici" di bloccare il cane a terra ecc. e lo fa un adulto regolatore o la madre ma solo per insegnare l'inibizione motoria o i corretti rituali sociali comunicativi che impediranno attacchi da parte di un cospecifico verso il cucciolo che si inserirà dopo la pubertà nel gruppo sociale degli adulti.
Fra adulti, e non parliamo di cani ma lupi, un leader (o alpha) non ha bisogno di sovrastare nessuno, la sua autorevolezza basta per governare il gruppo. Solo chi vuole mettere in atto una competizione mette in atto meccanismi basati su comportamenti di aggressione.
Il percorso preventivo e terapeutico dei medici veterinari comportamentalisti della Sisca si sovrappone ad un cambiamento culturale nella società attuale: responsabilizzare il proprietario ad acquisire un cane nel ruolo di “pet”, animale da compagnia, dove viene rispettata la sua alterità e favorite le sue potenzialità cognitive, allontanando la deriva antropoformizzante che spesso caratterizza la relazione.
Punto fondamentale è la corretta socializzazione e la conoscenza della comunicazione intra- e interspecifica, l’apprendimento basato sul rinforzo positivo ed il gioco nell’ambito di una relazione basata sulla referenzialità e la collaborazione e non su un’obsoleta teoria di agonismo, asimmetricità basata su dominanza e sottomissione. È solo in questo modo che diminuiremo gli incidenti legati a comportamenti di aggressione da parte dei cani nei confronti delle persone.

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