mercoledì 25 febbraio 2009

Genetica, razze canine e aggressività

Continuando ad approfondire il tema dell'aggressività canina oggi vorrei, attingendo al lavoro di Joel Dehasse, occuparmi del ruolo della genetica. Diciamo subito che essa interviene in modo molto rilevante nello sviluppo dei comportamenti aggressivi, attraverso l'intermediazione dell'eccitabilità, dell'impulsività, della reattività, della mancanza di controllo del morso e, tra l'altro, della visione del mondo da parte del cane.
Ad esempio, numerosi cani vivono una socializzazione corretta; ma cambiano completamente nel passaggio dall'adolescenza e all'età adulta, arrivando ad assomigliare più all'uno o all'altro genitore. Questi soggetti molto spesso manifestano aggressione per la distanza e aggressione territoriale, che sono due tipi di aggressività con la stessa predisposizione.
Questo è anche il caso dei comportamenti di caccia.

Gli esperti di genetica assicurano che tra qualche anno saremo in grado di decodificare i geni responsabili della predisposizione all'aggressività.
Questa è la cinologia del futuro: essa consentirà probabilmente di selezionare i genitori sulla base di test genetici facili da realizzare.
Ma attenzione a credere che ci sia un gene responsabile dell'aggressività tout court, al contrario è bene che sia chiaro che ci sono numerosi geni (alcuni centinaia senza dubbio) che intervengono nelle motivazioni dei comportamenti aggressivi.

La domanda che più di frequente viene rivolta ai veterinari è se esistano razze più predisposte di altre a presentare comportamenti aggressivi.
Ebbene, nonostante sia evidente che alcune razze presentino, sulla base della loro storia e del loro impiego, una casistica di soggetti più aggressivi rispetto ad altre, tuttavia, ad oggi, non esiste nessun lavoro scientifico che abbia potuto dimostrarlo.
Per arrivarci occorrerebbe scegliere a caso, in ciascuna razza, un campione rappresentativo di un centinaio di individui da sottoporre ad un test di aggressività scientificamente convalidato. Questa procedura inoltre dovrebbe essere ripetuta paese per paese, giacché le razze sono differenti da una nazione all'altra.
La procedura dovrebbe infine essere ripetuta almeno ogni 5 anni, dato che le razze hanno la tendenza a subire modificazioni a seconda della moda del momento.
Gli standard di razza parlano certo del comportamento ideale del cane di razza; ma queste linee raramente sono rispettate a svantaggio dello standard fisico. E ad oggi, nessuna correlazione può essere fatta tra tipo fisico (somatotipo) ed il comportamento.
Attualmente, ogni considerazione riferita alle razze è arbitraria e ha risonanze razziste.

Allora qual'è la portata della genetica e dell'ambiente nello sviluppo dei comportamenti aggressivi? Nessuno ha trovato ancora una riposta valida. Ma si possono prendere in considerazione valori che vanno dal 30% a più del 50% in media per quanto riguarda la genetica. Questi valori si riferiscono all'ereditabilità dei comportamenti, ossia la parte della genetica che interviene nell'espressione di un comportamento in seno a una popolazione.
Questo dato è largamente sufficiente per realizzare una selezione basata sul carattere non aggressivo, non impulsivo (e non ansioso) del cane di famiglia.
I cani destinati ad un uso professionale dovrebbero provenire da allevamenti specializzati, ove si equilibrerebbero armoniosamente capacità di socializzazione e competenze combattive al fine di avere dei buoni soldati capaci di controllare le loro armi.
La minima interruzione della selezione dei genitori provoca delle derive, che non sono più compensate da una selezione naturale spietata (che escluderebbe dal gruppo cani che non possono comunicare e gestire la loro aggressività).
Pertanto si arriva in tal modo a sviluppare degli individui patologici.

Si possono altresì selezionare famiglie o linee iperaggressive; ciò in realtà è già stato fatto purtroppo per creare i cani da combattimento. Nel giro di alcune generazioni di consanguineità in queste linee, si sviluppano "cloni" che hanno tutti, più o meno, lo stesso comportamento patologico.
La selezione di un cucciolo dovrebbe essere effettuata, almeno in parte, sulla base dell'analisi del comportamento dei suoi genitori. Se l'uno o l'altro o entrambi i genitori risultano aggressivi (aggressione per la distanza), di solito esiste un rischio che va dal 25 al 50%, che il cucciolo diventi aggressivo a sua volta appena raggiunta l'età adulta.
Attenzione però a non trarre delle conclusioni troppo affrettate: infatti non è che siccome un comportamento possiede un determinismo genetico, non lo si possa per questo modificare; questo lo si può fare mediante trattamento farmacologico in associazione preferibilmente ad una terapia comportamentale. Tuttavia, più il problema è radicato nel patrimonio genetico e nella struttura cerebrale, tanto più lungo sarà necessariamente il trattamento.

domenica 22 febbraio 2009

L'aggressività del cane dipende da quella del padrone?

Sull'ultimo numero del Vet.Journal sono stati resi noti i risultati di un interessante studio dei ricercatori veterinari dell'Università della Pennsylvania sul comportamento del cane, in cui si dà un ulteriore fondamento scientifico alla responsabilizzazione del proprietario dell'animale da compagnia e alla prevenzione dei comportamenti aggressivi attraverso il controllo dei comportamenti dell'uomo.
La ricerca è stata pubblicata su Applied Animal Behaviour Science, di questo mese (n°117) col titolo: “Survey of the use and outcome of confrontational and non-confrontational training methods in client-owned dogs showing undesired behaviors”.
Riporto qui di seguito l'articolo con il commento del collega Raimondo Colangeli e l'attuale posizione della SISCA (Società Italiana Scienze Comportamentali Applicate).
Prima di rivolgersi ad un veterinario comportamentalista, molti proprietari di cani hanno in precedenza tentato tecniche di modificazione comportamentale suggerite da una varietà di fonti diverse. I consigli spesso includono tecniche di addestramento aggressive che possono scatenare nel cane comportamenti di aggressività per paura o difesa.
Lo studio ha valutato gli effetti sul comportamento e i rischi per la sicurezza delle tecniche storicamente utilizzate dai proprietari di cani in presenza di problemi comportamentali.
A tutti i proprietari dei cani ricevuti presso un consultorio comportamentale nel corso di un anno è stato somministrato un questionario comportamentale riguardante gli interventi comportamentali precedentemente adottati.
Per ogni intervento applicato, al proprietario si chiedeva di indicare se si otteneva un effetto positivo, negativo o nullo sul comportamento del cane, e se si osservava un comportamento aggressivo in associazione al metodo utilizzato. Si chiedeva inoltre ai proprietari la fonte del consiglio comportamentale.
Venivano completati 140 sondaggi.
Le più comuni fonti dei consigli comportamentali erano "se stessi" e "l'addestratore".
Numerose tecniche basate sul confronto come “colpire o dare calci al cane per un comportamento indesiderato” (43%), ''gridare contro il cane'' (41%), ''forzare fisicamente l'animale a lasciare un oggetto dalla bocca'' (39%), “alpha roll” (ruolo del cane alpha, dominante) (31%), ecc. inducevano una risposta aggressiva in almeno un quarto dei cani su cui erano utilizzati.
I cani visitati perché avevano manifestato aggressività verso una persona familiare avevano maggiore probabilità di rispondere in maniera aggressiva ad “alpha roll” e al “no” urlato, rispetto ai cani che avevano altri problemi comportamentali.
Le tecniche basate sul confronto adottate dai proprietari prima del consulto comportamentale, concludono gli autori, erano in molti casi associate a risposte di aggressività.
È quindi importante che il veterinario di base informi il proprietario dei rischi associati a tali metodi di addestramento e fornisca una guida e l’accesso alle giuste risorse per una gestione sicura dei problemi comportamentali.
Il lupo è un animale sociale per eccellenza, spiega Raimondo Colangeli, diplomato comportamentalista ENVF e Presidente SISCA (Società Italiana di Scienze Comportamentali Applicate), e l’incontro con l’uomo dapprima avviene inizialmente su base sinantropica.
La sinantropia, o mutuo vantaggio, si basava sulla possibilità da parte dell’animale di trovare più facilmente una risorsa alimentare, mentre per l’uomo cacciatore-raccoglitore di aumentare la sicurezza del gruppo con la vigile presenza dell’animale; il rapporto tra i due soggetti divenne sempre più relazionale, da una parte favorito dal bisogno umano di esplicare un comportamento epimeletico (accudire qualcuno), dall’altra favorita dall’aspetto fortemente collaborativo dell’ormai cane con una sovrapposizione del suo welfare (benessere) con quello del gruppo di appartenenza.
Proprio per questo bisogno di collaborazione stretta tra uomo e cane, di condivisione delle esperienze con il proprietario quale centro referenziale, gli aspetti comunicazionali e relazionali tra l’uomo e il cane hanno permesso la coevoluzione tra uomo e cane.
La trasformazione del rapporto uomo-cane nei secoli è legata alla modificazione della struttura sociale-economica degli uomini della società.
La “domesticazione” da parte dell’uomo allevatore-agricoltore è la trasformazione del cane in soggetto da lavoro e/o da utilità; da qui inizia quella pressione selettiva da parte dell’uomo sul cane che porterà alla variazione filogenetica delle razze, con importanti differenze morfologiche e comportamentali (caccia, conduttori di greggi, guardiani di armenti, ecc.).
Purtroppo la visione dell’uomo nei confronti del cane tende a basarsi sul meccanicismo, cioè cane in quanto automa.
In questo contesto facilmente la comunicazione da parte dell’uomo diventa assertiva e coercitiva. Da ciò ne conseguono due problemi:
a) il cane entra a far parte del gruppo sociale familiare e in quanto acuto osservatore delle interazioni degli elementi del gruppo, acquisisce e fa proprio lo stile comunicativo: se si alza la voce si dovrà abbaiare, se avvengono conflitti o competizioni basati su scontri fisici all’interno del gruppo familiare, il cane si adeguerà mettendo in atto comportamenti di aggressione per comunicare.
b) la comunicazione basata sulla punizione di comportamenti indesiderati è spesso una punizione ansiogena in quanto esagerata, fuori contesto (le punizioni a posteriori) o etologicamente inaccettabile per il cane; ciò è la causa dell’installarsi di stati psicopatologici quali le fobie e l’ansia, che possono presentare nella loro sintomatologia un comportamento di aggressione.
Tecniche quali ad esempio l’"alpha roll" si basano sulla dominanza e la sottomissione e sono, oltre che sorpassate e non terapeutiche, pericolose in quanto etologicamente non corrette: solamente nel cucciolo si possono mettere in atto i rituali "fisici" di bloccare il cane a terra ecc. e lo fa un adulto regolatore o la madre ma solo per insegnare l'inibizione motoria o i corretti rituali sociali comunicativi che impediranno attacchi da parte di un cospecifico verso il cucciolo che si inserirà dopo la pubertà nel gruppo sociale degli adulti.
Fra adulti, e non parliamo di cani ma lupi, un leader (o alpha) non ha bisogno di sovrastare nessuno, la sua autorevolezza basta per governare il gruppo. Solo chi vuole mettere in atto una competizione mette in atto meccanismi basati su comportamenti di aggressione.
Il percorso preventivo e terapeutico dei medici veterinari comportamentalisti della Sisca si sovrappone ad un cambiamento culturale nella società attuale: responsabilizzare il proprietario ad acquisire un cane nel ruolo di “pet”, animale da compagnia, dove viene rispettata la sua alterità e favorite le sue potenzialità cognitive, allontanando la deriva antropoformizzante che spesso caratterizza la relazione.
Punto fondamentale è la corretta socializzazione e la conoscenza della comunicazione intra- e interspecifica, l’apprendimento basato sul rinforzo positivo ed il gioco nell’ambito di una relazione basata sulla referenzialità e la collaborazione e non su un’obsoleta teoria di agonismo, asimmetricità basata su dominanza e sottomissione. È solo in questo modo che diminuiremo gli incidenti legati a comportamenti di aggressione da parte dei cani nei confronti delle persone.

giovedì 19 febbraio 2009

Viaggiare con un gatto: alcuni consigli pratici

I gatti, nella maggior parte dei casi, sono animali territoriali, cioè sono legati ad uno spazio ancor più che alle persone. Questo comporta che lo stress per un cambio di ambiente è più importante dello stress per il distacco dal proprietario. Ma se devono cambiare luogo è preferibile che sia in compagnia delle persone per cui hanno sviluppato un attaccamento.In base a quanto abbiamo appena detto si può stabilire una gerarchia dello stress a seconda delle differenti situazioni che riporto di seguito:
stress minimo = nel suo ambiente assieme ai suoi proprietari
stress basso = nel suo ambiente, senza proprietari, ma con un cat-sitter conosciuto
stress medio = nel suo ambiente, senza proprietari e con un cat-sitter sconosciuto
stress medio = nel suo ambiente (senza proprietari né cat-sitter)
stress forte = ambiente sconosciuto, ma con i suoi proprietari
stress massimo = ambiente sconosciuto, senza i suoi proprietari

Consapevoli di ciò vediamo ora come organizzare al meglio gli spostamenti col nostro gatto.
VIAGGIO NEL TRASPORTINO
Se si è impossibilitati a lasciare il gatto a casa con un amico, un parente o un vicino che viene a dargli da mangiare, a cambiargli l'acqua, a pulire la lettiera e a fargli delle coccole (sempre che le gradisca), allora non vi rimane che portarlo con voi. Ricordiamo che per legge nonché per questioni di sicurezza, il gatto dovrebbe viaggiare sempre in un trasportino chiuso.
Se si desiderasse poi far uscire il gatto dal trasportino durante il viaggio dovrebbe altresì essere dotato di un' imbracatura e di un guinzaglio. Ciò significa che sarebbe utile abituare ogni gatto all'uso del trasportino e di imbracatura e guinzaglio per tempo debito.
L'apprendimento è semplice purché si rispettino semplici regole secondo la seguente sequenza:
  • individuare ciò che rende di buonumore il gatto (gioco, cibo, ecc.)
  • una volta che esso è di buonumore, insegnargli ad apprezzare il trasportino: lasciateglielo in permanenza nell'ambiente dove vive; nutrendo il gatto nel trasportino, prima con lo sportello aperto e in seguito, quando si sarà abituato, con lo sportello chiuso.
  • sempre mantenendo il gatto di buonumore, fate in modo che si abitui a un filo di lana attorno al collo e al torace. Una volta che avrà accettato il filo di lana, cercate di abituarlo ad un'imbracatura ultraleggera: attaccate l'imbracatura e fatelo giocare o nutritelo; continuate a ripetere tali esercizi finché il gatto smetterà di tentare di levarsi l'imbracatura.
  • in seguito, fate indossare l'imbracatura al gatto e mettetelo nel suo trasportino.
RACCOMANDAZIONI GENERALI IN VIAGGIO
Non dimenticate mai che un trasporto costituisce sempre uno stress per il gatto dal momento che è un confronto con l'ignoto e questo comporta reazioni psicologiche imprevedibili e cambiamenti di umore. Se il gatto soffre di cinetosi (mal d'auto, d'aereo, di treno, di nave, ecc.) i feromoni di appagamento possono aiutare a sopportare meglio lo stress da mezzo di trasporto. Per un viaggio occasionale di diverse ore chiedete al vostro veterinario un prodotto per cercare di tranquillizzarlo. Offrite al vostro gatto un minimo di comfort e di benessere e nella migliore delle ipotesi c'è la possibilità che apprezzi il mezzo di trasporto ed impari ad abituarsi ad esso (soprattutto se è sempre lo stesso).
VIAGGIO IN MACCHINA
In caso di viaggi regolari in auto, insegnate al vostro gatto ad apprezzare il mezzo di trasporto usando la seguente procedura:
  • Nel momento in cui il gatto è rilassato, mettetelo nel trasportino (al quale deve essere già stato abituato in precedenza) e sistematelo nell' auto in sosta e a motore spento; date qualcosa da mangiare al gatto o giocate con lui (agitate ad es. una piuma attraverso le sbarre)
  • Potrete quindi liberare il gatto nella macchina chiusa e a motore spento, e continuare a giocare con lui.
  • Una volta che il gatto si sarà abituato, si potrà mettere in moto l'auto, senza però farla muovere.
  • Una volta che il gatto apparirà rilassato nel suo trasportino, mettete in moto l'auto e procedete con un andamento lento e regolare, evitando gli strattoni.
  • Quest'ultima tappa viene ripetuta fino a quando il gatto non apparirà completamente abituato e felice di viaggiare in macchina.
  • E' consigliabile assicurare la gabbia o il trasportino con una cintura di sicurezza, onde evitare traumi in seguito ad incidenti o frenate brusche.
VIAGGIO IN AEREO
Se la compagnia aerea vi autorizza, tentate di tenere il vostro gatto nel trasportino in cabina (sotto il sedile). Utilizzate un feromone di tranquillizzazione sintetico e, se necessario, un farmaco ansiolitico e/o sedativo. Sentite il parere del vostro veterinario e fatevi consigliare di conseguenza in anticipo sufficiente sui tempi del viaggio.
Parlate con lui anche di tutti i documenti amministrativi necessari in modo che riusciate ad ottenerli prima di partire, dell'eventuale identificazione tramite microchip, della vaccinazione antirabbica e del passaporto europeo: di solito sono necessari almeno 3 mesi di tempo per completare il tutto.
VIAGGIO E TEMPERATURA
Per il benessere del vostro gatto durante il viaggio, soprattutto se gli è stato somministrato un tranquillante, state attenti a mantenere una temperatura corretta,a evitare il freddo e le correnti d'aria o l'eccesso di calore. Se è il freddo eccessivo a preoccuparvi, mettetegli o avvolgetegli una coperta nel suo traportino e utilizzate una borsa di acqua calda avvolta in un tessuto. Al contrario se temete il caldo, dategli da bere, inumidite il pelo con dell'acqua fresca e lasciategli accanto un pacchetto di ghiaccio.
A DESTINAZIONE
Una volta giunti a destinazione, in hotel o in altri contesti, tenete il gatto in un luogo di piccole dimensioni, rendendoglielo familiare con l'uso di feromoni di tranquillizzazione, mettete a sua disposizione una cuccia confortevole per riposare, la lettiera, del cibo e acqua fresca.
Fate in modo che il gatto possa familiarizzare con l'ambiente e strofinare le guance e il corpo contro i mobili e contro di voi, distribuendo i suoi feromoni, in modo che faccia suo il nuovo ambiente; lasciate che recuperi a suo modo uno stato di comfort.
Per lui è più facile iniziare ad organizzare i campi territoriali in uno spazio ridotto ed estenderli eventualmente in un secondo tempo alle altre stanze, tramite le marcature facciali.

martedì 17 febbraio 2009

L'arte della previsione in astrologia

Pubblico oggi molto volentieri una riduzione parziale del primo capitolo del quarto volume di Lezioni di Astrologia di Lisa Morpurgo, sulla natura dei transiti, dove spiega in maniera mirabile, sintetica e allo stesso tempo col suo tipico acume, come mai l'astrologia, intesa come previsione del futuro, da sempre esercita un fascino inossidabile sull'uomo, anche il più razionale e scettico.
Il desiderio e spesso una vera e propria ansia di conoscere cosa ci riserva il futuro è infatti un fenomeno innegabilmente costante nella storia dell'umanità.
L'astrologa ipotizza filosoficamente che se si ritiene il futuro prevedibile, allora ne risulta che esso già possiede una sua configurazione precisa e ovviamente immutabile. Il che in realtà è alla base di molti miti sull'ineluttabilità del fato, così come di altrettante opere letterarie e sebbene il comportamento dei personaggi e delle vicende narrate, nel corso dei secoli subirono dei sottili distinguo e conseguenti cambiamenti nel modo di valutarlo e di affrontarlo, in ogni caso quasi tutti sembrano dirci che ogni essere umano collabora al proprio destino...
Questa ipotesi acquista senz'altro contorni molto più precisi proprio grazie all'astrologia, nel senso che essa, a differenza di tutte le altre mantiche, collega direttamente e imprescindibilmente la lettura del futuro con la struttura del tema natale, ossia con le precise predisposizioni e caratteristiche di ogni singolo individuo. Lisa Morpurgo tende a sottolineare che tutto quanto ci accade è legato a quel che è già accaduto, giorno dopo giorno, nella catena di montaggio della nostra vita: a volte i fili del collegamento sono chiari ed evidenti, a volte sottilissimi, quasi invisibili, e richiedono un paziente e lungo lavoro di identificazione. Però esistono sempre.
Certo è fin troppo facile attribuire al caso determinati avvenimenti; ma non dimentichiamoci che la catena di montaggio della nostra vita si incrocia di continuo con quella di parenti, amici, conoscenti o estranei e la scintilla fatale della fortuna o della sciagura, scocca solo quando si verifica una determinata rotta di collisione, positiva o negativa che sia.
Tutto ciò però deve indurci a riflettere e anche a capire quanto sia complessa la lettura dei transiti a priori, perché presenta difficoltà insormontabili, dovute a ragioni pratiche e all'impossibilità di raccogliere tutte le informazioni che sarebbero necessarie. Mentre a posteriori, una volta che si sono prodotte le conseguenze, l'effetto dei transiti risulta perfettamente identificabile.
Di solito questa osservazione solleva commenti ironici del tipo: "a cose fatte sono tutti bravi!" Ma tanta faciloneria ed ignoranza merita almeno due contestazioni: la prima è pratica, e si basa sul fatto che ben pochi astrologi sono in grado di inoltrarsi in analisi tanto sottili da rintracciare tutte le sfumature che fanno capo ai pianeti, ai segni e alle case coinvolti nel transito; la seconda è teorica e si basa sul fatto che a ciascuno di noi è affidato il compito di collaborare al proprio e all'altrui destino.
Nell'ansia di conoscere il proprio futuro si manifesta proprio la speranza di modificarlo a proprio vantaggio, il che sconvolgerebbe non solo l'ordine della nostra vita, ma anche quello delle vite che dalla nostra dipendono. Essa sostiene che l'egoismo di ogni singolo individuo è così globale e granitico da impedirgli una visione d'insieme di tutti gli eventi, e dunque anche la possibilità di valutarli con sereno distacco etico. Il che, a conti fatti, è un gran bene per la sopravvivenza di ciascuno di noi in particolare e della specie in generale, sia perché l'egocentrismo ci offre ottimi strumenti di autodifesa, sia perché la certezza di poter operare delle scelte ci consente di prendere proprio quelle decisioni che fanno si che il nostro destino si compia.
A questo punto il discorso si fa interessante, anche se devo convenire che per taluni possa risultare irritante, poiché va a toccare corde profonde che scuotono la coscienza di ognuno di noi, costringendoci a vacillare per affacciarci verso un baratro dovuto al dubbio circa il peso dello stesso libero arbitrio. L'astrologa infatti sottolinea che la già descritta ansia di conoscere il proprio futuro si accompagna ad un rifiuto viscerale della predestinazione, avallato e magnificato dalla cultura positivista; ma saggiamente preferisce astenersi dal fare commenti in proposito.
In tale contesto essa si cimenta nell'arduo compito di definire cosa ci si può attendere dalla lettura dei transiti ed inizia descrivendo almeno 4 atteggiamenti che caratterizzano altrettante tipologie di astrologi professionisti e che analizzeremo al prossimo appuntamento.

venerdì 13 febbraio 2009

COMUNICATO STAMPA ANMVI SUL CASO DI GENZANO

Riporto qui di seguito il comunicato stampa di oggi fatto uscire dell' ANMVI in conseguenza del grave ulteriore episodio di cronaca che ha visto ancora una volta un cane come carnefice, almeno all'apparenza e l'intervista rilasciata dal ministro Martino ad ADNKRONOS:
(Cremona 13 febbraio 2009)- La drammatica morte del bambino di Genzano (Roma) causata da un mastino napoletano suscita cordoglio e non può essere strumentalizzata da chi si lancia in giudizi avventati o riaccende la sterile polemica sulla black list. Alla luce delle prime scarse informazioni che si hanno dalla stampa non è possibile infatti fare alcuna valutazione che abbia un fondamento medico-veterinario. L’ANMVI non può tuttavia non rilevare che ancora una volta un simile episodio accade dentro le mura domestiche. L’ordinanza scaduta, che conteneva l’elenco delle razze pericolose, anche se avesse ricompreso il mastino napoletano e fosse stata in vigore non avrebbe impedito questo episodio. Questo grave fatto è accaduto in uno spazio privato. Questo riporta al centro della responsabilità collettiva la necessità di maturare un rapporto consapevole con la scelta dell’animale da tenere dentro le mura domestiche in relazione al contesto familiare ed eventualmente alla sua funzione nel quadro domestico, ad esempio quando l’animale è chiamato ad un lavoro di guardia o di difesa. La visita pre-adozione dal medico veterinario è fonte di informazioni per il proprietario, fondamentali per indirizzarlo verso l’adozione-acquisto del cane giusto e dei comportamenti giusti da tenere con lui, nella convivenza quotidiana e nei percorsi educativi e di socializzazione dell'animale. In conclusione, l’ANMVI sottolinea che quella di favorire uno sforzo di responsabilizzazione culturale dei proprietari e della collettività è la sola strada giusta, quella da incoraggiare, perché l’unica in grado di far crescere la prevenzione tanto nei luoghi pubblici quanto in quelli privati. Il sottosegretario al Welfare Francesca Martini, da parte sua, esprimendo "profondo cordoglio e partecipazione" per la morte del piccolo di un anno a Genzano dopo essere stato aggredito dal cane di famiglia nel giardino di casa, coglie l'occasione per annunciare i contenuti della prossima ordinanza sui cani e la prevenzione delle aggressioni, che sarà emanata entro febbraio. "Esprimo tutta la mia partecipazione e cordoglio. La morte di un bambino - ha affermato Martini - rappresenta un fatto gravissimo e purtroppo ciò avviene all'interno delle mura domestiche. Questo sottolinea l'esigenza di una maggiore tutela". Per questo, ha sottolineato il sottosegretario, "l'ordinanza sui cani pericolosi e la prevenzione delle aggressioni punta anche alla prevenzione di situazioni di questo tipo". L'ordinanza, che "sarà emanata entro la fine di febbraio - ha annunciato - sottolinea l'aspetto della responsabilità nella gestione dell'animale anche all'interno delle mura domestiche". A tal fine, ha spiegato Martini, "si introduce il concetto della formazione dei proprietari, che devono conseguire un apposito patentino e avere consapevolezza dei potenziali pericoli". L'ordinanza, ha aggiunto, prevede anche che i veterinari "debbano segnalare alle asl le situazioni di potenziale pericolo". Il tema della responsabilità dei padroni è cruciale - spiega Martini all'ADNKRONOS SALUTE - Finora è stato completamente sottovalutato dai proprietari stessi, come pure dalle Istituzioni. Ma l'ordinanza che sarà varata in febbraio lo affronta per la prima volta, con azioni coraggiose" e finora inedite, sottolinea. L'ordinanza, ha precisato Martini, "andrà cioè nella direzione della valutazione dei potenziali di rischio anche all'interno delle mure domestiche; questo perché, purtroppo, molte aggressioni da cani avvengono proprio all'interno delle abitazioni". Per i proprietari, quindi, ha concluso, "sarà prevista la responsabilità civile e penale ed una formazione ad hoc". L'ordinanza voluta da Martini "è la prima in Italia che affronta il tema della gestione dei cani non solo all'esterno, ma anche fra le mura domestiche", precisa il sottosegretario. I proprietari dovranno rispondere in ogni sede del comportamento del loro animale, e dovranno conseguire un 'patentino' che certifichi la loro partecipazione a corsi di formazione ad hoc. E non si tratta di addestrare il cane" a sedersi o alzarsi su comando del padrone, puntualizza Martini. "Coinvolgeremo le Asl e i Comuni per un'offerta formativa mirata", afferma, che potrà aiutare anche gli aspiranti proprietari a prepararsi prima di acquistare un cane. Proprio in un'ottica di prevenzione, contro tragedie come quella di Genzano, ma anche contro gli abbandoni di animali. "Bisogna sapere cosa significa possedere un tipo di cane, e fare la scelta giusta prima". Non accorgersi poi di non poterlo gestire e lasciarlo su un'autostrada.
L'obiettivo è "mettere in rete tutte le competenze, compresi i veterinari - continua il sottosegretario - professionisti che rivestono un ruolo di massima importanza. I cani passano nei loro ambulatori per le vaccinazioni o la 'chippatura' ", perciò i medici degli animali "dovranno darci una grossa mano - chiede Martini - sia dell'informare correttamente il proprietario, sia nell'individuare le situazioni di particolare rischio da riferire ai servizi pubblici di veterinaria per eventuali interventi", conclude nell'intervista rilasciata ad Adnkronos.