domenica 31 agosto 2008

Il cane aggressivo: terza parte

La sequenza del comportamento aggressivo
L'aggressività rientra tra i normali comportamenti del cane, essendo un carnivoro, e quindi come tale va considerata. Vediamo di analizzarla allora nei dettagli, per capire meglio come è strutturata e se sia possibile intervenire modificandola in qualche modo.
Ricordiamo che ogni comportamento è sempre scatenato da uno stimolo: un'informazione che può provenire sia dall'ambiente esterno che dall'ambiente interno (modificazione di uno stato fisiologico). Esso è percepito dai sensi e genera di conseguenza un'emozione.
E' l'emozione dunque che è alla base di ogni comportamento: questa è infatti preesistente a qualsiasi azione. Dunque potremmo definirla una sorta di squilibrio, e l'azione non è altro che un tentativo da parte dell'individuo reattivo di ritornare allo stato di equilibrio iniziale.

Le quattro fasi di una sequenza aggressiva
Per comodità in medicina comportamentale si tende a schematizzare ogni comportamento suddividendolo in quattro fasi distinte:
-fase iniziale: è attivata da uno squilibrio e manifesta i primi segni del passaggio all'azione, tale fase manifesta le motivazioni interne dell'organismo ad agire.
-fase d'azione: detta anche fase operante; è quella che permetterà di agire su di sé o sull'ambiente per ristabilire l'equilibrio.
-fase d'arresto: rappresenta il raggiungimento di una soddisfazione o sazietà legata al comportamento, il ritorno al benessere e all'equilibrio.
-fase refrattaria: in questa fase l'organismo è in una sorta di limbo, risulta insensibile ai fattori motivazionali che in precedenza avevano scatenato l'azione, perché ha già ottenuto un ritorno all'equilibrio: rappresenta una sorta di time-out, è una fase di recupero.
Vediamo ora di riportare queste quattro fasi al comportamento aggressivo.
Nella sequenza aggressiva standard la fase iniziale corrisponderà alla fase di minaccia, d'intimidazione, che avvisa delle intenzioni aggressive o manifesta le emozioni provate (paura, collera, competizione, ecc.)
La fase d'azione corrisponde ovviamente all'attacco, che permette di mettere in atto le intenzioni e calmare le emozioni scatenanti.
La fase d'arresto, che segnala l'interruzione delle ostilità, corrisponde all'acquietamento delle emozioni e al ritorno alla calma.
Infine la fase refrattaria è quella durante la quale, anche se si ripetesse lo stimolo che ha inizialmente scatenato la reazione aggressiva, gli atti aggressivi non potranno più manifestarsi.
L'integrità della sequenza
Per ogni tipo di comportamento aggressivo queste fasi possono essere differenti; ma qualunque sia il tipo di aggressione (competitiva, da irritazione, da paura, predatoria, ecc.) la sequenza che la caratterizza deve essere integra, non modificata e ben strutturata.
E' l'integrità della sua sequenza che rende normale e prevedibile un comportamento sia per i cani che per gli esseri umani, che possono quindi adattarvisi di conseguenza. Se invece la sequenza risulta alterata si parla di patologia comportamentale: in tal caso il comportamento non è più prevedibile, mettendo a repentaglio la comunicazione in seno al gruppo.
Ricordiamo che il cane è infatti un animale sociale e tutti i suoi comportamenti hanno come fine la sopravvivenza del branco, per cui se per un qualsiasi motivo, ad esempio, due cani entrassero in competizione tra loro, ammettiamo per un osso, è proprio grazie alla fase di minaccia che precede l'attacco, che il più debole e meno sicuro di sé avrebbe la possibilità di ritirarsi e salvarsi così da un confronto che lo vedrebbe perdente e metterebbe a rischio la sua stessa incolumità.
Un attacco può causare ferite e minorazioni ad entrambi o ad uno dei cani in conflitto, e dal momento che i cani cacciano in branco, l'invalidità di un membro potrebbe comportare rischi per la sopravvivenza dell'intero branco. Per cui è vitale che le ferite tra i componenti del branco siano ridotte al minimo. Fuori dal gruppo invece la regola cambia: un predatore o una preda possono essere attaccati violentemente.
Il controllo del morso
In un gruppo, per evitare ferite invalidanti, i morsi necessitano dunque di un controllo perfetto; mentre al di fuori di esso (predatore o preda) i morsi possono anche essere forti e ripetuti. Per morso controllato si intende l'afferrare con la bocca, il pizzicare senza stringere e senza compressione, lasciando solo un leggero segno, o talvolta solo qualche livido (ematomi lievi). Un morso forte invece perfora la cute e richiede cure. Ricordiamo a questo proposito che la cute umana è più fragile di quella di un cane. Ecco perché è indispensabile che un cane da compagnia abbia un completo controllo del morso.
Un morso potente, non controllato, si presenta quando l'individuo :
1) perde il controllo delle sue emozioni (ad esempio in caso di paura o di ipereccitazione)
2) perde il controllo delle sue azioni (disturbi neurologici, endocrini, ecc.)

3) non ha acquisito il controllo del morso (dissocializzazione, distacco precoce dalla madre o dal branco)
4) ha imparato che è necessario mordere con una certa insistenza per ottenere qualcosa (apprendimento del mordere)
5) ha intenzione di menomare il suo avversario o la sua vittima (aggressività predatoria).

La fine di un attacco
La fase di arresto di un attacco in un gruppo è fondamentale. Al di fuori del gruppo l'attacco invece può proseguire sino alla fuga del predatore o alla morte della preda.
In un gruppo l'attacco deve perciò sempre arrestarsi. Se cessa solo per sfinimento degli avversari, siamo fuori dalla normalità e ci troviamo di fronte a una situazioni patologica.
Aggressioni adattive o patologiche
I comportamenti aggressivi possono essere dunque fisiologici o patologici. Il concetto di patologia è centrale in medicina comportamentale. La patologia è infatti la scienza che studia le cause, i sintomi e l'evoluzione delle malattie. La malattia è definita come un'alterazione dello stato di salute, di omeostasi di un individuo.
La medicina comportamentale si occupa principalmente delle modificazioni degli elementi psicobiologici (umori, emozioni, cognizioni, percezioni, atti motori e attività neurovegetative) di un individuo. In questo contesto possiamo definire patologico l'elemento psicobiologico che ha perso la sua capacità di adattamento funzionale. Tale perdita di adattamento determina, nell'animale che soffre di una patologia comportamentale, difficoltà ad interagire con l'ambiente che lo circonda. L'elemento psicobiologico patologico interferisce quindi con le normali attività sociali e con la capacità di conservazione dell'animale e della sua specie.
Per quanto riguarda il comportamento aggressivo si parlerà di aggressione patologica quando essa: - non permette all'individuo il ritorno all'equilibrio emozionale, - la sua strutturazione nelle quattro fasi non è più rispettata, - il morso non è più proporzionato e adattivo rispetto al contesto (nel gruppo o fuori dal gruppo). In alcuni casi un comportamento può essere giudicato adattivo per l'individuo e patologico per la conservazione della specie. Tutto dipende dal punto di vista. Ad esempio, un cane cresciuto isolato dai suoi cospecifici oltre i tre mesi d'età, può diventare aggressivo nei loro confronti: tale comportamento sarà adattivo per la sua personale sopravvivenza; ma gli impedirà di riprodursi e il suo patrimonio genetico sarà dunque perso nell'ambito della sua specie.

giovedì 28 agosto 2008

Il Sole e le dodici proposte zodiacali

Continuando l'analisi degli elementi che costituiscono il tema natale secondo la traccia data da Lisa Morpurgo, oggi parlerò del Sole: in astrologia esso rappresenta il nucleo della personalità e quindi la posizione che occupa al momento della nascita di un individuo (che, ricordiamolo, coincide col segno di nascita) determina l'indice di comportamento basilare che sarà completato e modificato dalla posizione degli altri pianeti e dall'Ascendente.
In parole povere è la sintesi dell'Io, di quell'Io cosciente di se stesso e partecipe della vita circostante in forma attiva. Rivela la maggiore o minore possibilità di estrinsecazione dell'Io nell'attività, nella manifestazione di se stesso e la maggiore o minore vitalità fisica e morale. Rappresenta cioè una presa di posizione nei confronti della vita che dà la misura dell'individuo. Per capire i suoi significati simbolici dobbiamo rifarci al fatto che il Sole è una stella in quanto ha raggiunto una massa sufficiente per scatenare una reazione atomica sviluppando un'energia e dunque un calore enormi in un universo gelido. Tale calore ha consentito lo sviluppo della vita sul pianeta che si trovava alla distanza giusta per usufruirne, ossia la Terra.
Secondo la Morpurgo (e l'astrologia dialettica da lei fondata) è opinione che nella nostra memoria inconscia rimanga inciso il ricordo di quanto determinò la formazione di ogni singolo corpo celeste del nostro sistema planetario. Una teoria affascinante che propone legami tra micro e macrocosmo che vanno ben al di là della comprensione del nostro mondo occidentale, tutto orientato verso una visione parziale della realtà, ma che trovano riscontro in molte altre filosofie per lo più di stampo orientale, nonostante attualmente anche in occidente inizino a prendere piede teorie unificanti, che mirerebbero a leggere le varie conoscenze prospettate dalle diverse branche della scienza sotto forma di un unico messaggio integrato (la psicanalisi forse fu la prima tra le scienze ufficiali a proporre un abbozzo iniziale di tale concetto).
Ad ogni modo nel caso del Sole il rapporto tra la sua definizione astrofisica e la sua traduzione astrologico-comportamentale è chiarissimo. L'equazione vita = energia e vita = calore, regola il modo di pensare della maggioranza della popolazione terrestre, e giunge sino a manifestazioni semplicistiche e sotto gli occhi di tutti nella quotidianità, alcune favorite dalla recente facilità a viaggiare da una parte all'altra del globo, come la caccia al sole e alla calura in ogni stagione dell'anno, l'orrore del freddo e dell'inverno, nonché, in molti casi, l'orrore dell'oscurità come simbolo di morte.
Questa essenzialità del Sole è anche motivo e parte integrante della sua semplicità.
L'importanza di vivere difatti è un imperativo categorico che deve imprimersi in ogni essere umano nel modo più diretto e senza complesse sovrastrutture aggiuntive che rischierebbero di deturpare il messaggio fondamentale originario.

Le complessità simboliche tipiche dei pianeti sono dunque totalmente ignote al Sole, che in compenso acquista tutta una serie di variazioni schematiche legate alla sua presenza nei dodici segni zodiacali: esso infatti stabilendo il ritmo delle stagioni, tende ad assicurare le possibilità di vita in qualsiasi condizione.

Ecco perché risulta difficile parlare del Sole in sé, in quanto ad esempio, il Sole in Aquario detterà una struttura comportamentale che altera in buona misura il concetto generico di solarità, anzi in tal caso si tende a parlare addirittuta di antisolarità dell'Aquario.
Da qui scaturisce una considerazione importantissima: l'equazione vita = energia vale finché esiste il suo deterrente, ovvero quell'universo gelido che impedisce al calore solare di bruciare tutto indiscriminatamente.

Il ritmo delle stagioni, e la dialettica zodiacale che lo sorregge, ci ricordano che, per assicurare la conservazione e l'evoluzione della vita sul nostro pianeta, il Sole deve subire una serie ciclica di processi di adattamento entrando, per così dire, in simbiosi con i dodici segmenti zodiacali che occupa via via nel corso dell'anno.
Se da una parte è dunque legittimo dire che il Sole crea il segno, dall'altro si può benissimo dire che ogni segno crea un tipo di Sole particolare, e di conseguenza un particolare modo di vivere e di affrontare i problemi dell'esistenza.
Quando si interpreta un tema natale nel considerare i significati del Sole non bisognerebbe mai dimenticare queste sue capacità camaleontiche, fermo restando che l'essenziale funzione energetica e vitale della nostra stella riesce a manifestarsi anche sotto la scorza dei segni più saturniani (Aquario, Bilancia e Capricorno).
Tutto sta nello scoprire quali strumenti utilizzerà e quali ostacoli incontrerà tale funzione per manifestarsi.

Il carattere semplice o addirittura semplicistico del Sole si carica così di complicazioni che richiedono a volte virtuosismi interpretativi.
Consideriamo ora, per vederci più chiaro, le due sedi principale del Sole: il domicilio-Leone e l'esaltazione-Ariete. Nello schema ideale della domificazione entrambi i segni si troverebbero sotto la linea dell'orizzonte, ossia in quel settore che propone all'uomo di accettare, ricalcando uno schema fisso, e prolungare ciò che ha trovato attorno a sé al momento della nascita.
"Io vivo!" dice il Sole in Ariete-Casa prima, "Io mi riproduco!" dice il Sole in Leone-Casa quinta.
Entrambi i segni (e le Case corrispondenti) sono, ancor più che vitali, vitalistici.

Per le persone vitalistiche bruciare energie, in qualsiasi modo, diventa imperativo: esse non fanno distinzione tra la quantità delle loro azioni e la qualità di quanto realizzano, perché è solo la quantità che conta. Vivono dunque dalla mattina alla sera, e spesso dalla sera alla mattina, in una serie di piccole esplosioni atomiche a livello individuale, che le gratificano in modo profondo.
Sulla base di questa tendenza comune, Leone e Ariete presentano alcune differenze molto importanti, stabilite dalle associazioni planetarie.

Il Sole-Leone ci dice che con l'inizio della vita inizia il conteggio del tempo che all'origine è lentissimo. Di questo Tempo il Sole-Leone si sente padrone e dominatore assoluto e ciò si traduce in uno sfolgorante immobilismo.
Assorto nella contemplazione della propria magnificenza, non avverte necessità di evoluzioni e mutamenti (proposti invece dall'opposto Nettuno-Aquario) e nemmeno il desiderio di provvedere alla propria durata (suggerito dall''opposto Saturno).
In questa sua sede domiciliare naturale l'assenza di pianeti sessuali e l'opposizione ad un segno neutro come l'Aquario fa si che il Sole si presenti quale fonte di vita indifferentemente per entrambi i sessi.
In Ariete, dove si trova affiancato da Marte e Plutone, indispensabili per scatenare la sessualità riproduttiva maschile e quindi il contatto col partner, è invece costretto a visualizzare la femminilità dell'opposta Bilancia con cui accoppiarsi e automaticamente prende coscienza di una struttura differenziata e differente. Insomma non è più l'Uno unico, meravigliosamente compatto e autosufficiente (il mito censorio dell'Uno, origine di tutte le cose, viene proprio da qui, mentre ormai la teoria della relatività ci ha insegnato che l'uno non esiste neppure, se non c'è un due); ma è la metà di un tutto. Il Sole-Ariete è dunque più complesso del Sole-Leone e perde gran parte della sua sicurezza compensandola con l'aggressività.
Non riesce più a dire "Io sono il migliore!" e ciò lo induce a cercare a tutti i costi un primato ottenuto trionfando aggressivamente sugli altri, il che è quasi sempre segno di insicurezza anziché di forza.
Per quanto riguarda l'applicazione di questi due dictat ("Io sono il migliore" e "Io sono il primo") alle altre dieci realtà zodiacali, diciamo che essi rimangono fondamentalmente gli stessi per tutti i segni, proprio perché il messaggio condizionante volto ad imporci di vivere e di riprodurci non può mai spegnersi, pena l'estinzione della specie.
La cosa importante nell'interpretazione di un tema è di identificare quali accorgimenti usi un Sole, poniamo in Cancro o in Pesci, per essere vitale senza essere vitalistico, o per conquistare un primato senza ricorrere all'aggressività.
In altre parole come si tradurrà la voglia di vivere di un determinato individuo? Quali strade imboccherà per manifestarsi? Quale importanza darà a se stesso?
E' proprio dall'esame del Sole in un tema di nascita che possiamo ricavare una diagnosi di come l'individuo affronta e risolve o meno i suoi problemi di identità.
La seconda pulsione solare ("Io sono vivo perché mi riproduco") può risultare attenuata da alcuni segni natali e soprattutto da alcune Case, quali per esempio l'undicesima o la dodicesima, nonché dalla presenza di pianeti antileonini, quali Saturno e Nettuno, in Casa prima o in Casa quinta.
La Logica/Saturno e la Metamorfosi/Nettuno infatti in tali casi incrinano il bisogno di prolungare la propria immagine nella riproduzione di se stessi.
Per inciso va ricordato che tale bisogno suggerisce la lotta imbecille, ma intramontabile che si scatena attorno alla culla di un neonato tra le famiglie di entrambi i genitori per decidere a chi assomigli il poverino. L'idea nemmeno tanto inconscia di aver riprodotto noi stessi nella nostra discendenza diretta e viceversa, quasi fosse una garanzia di poter così conquistare l'eternità, sembra proprio un deterrente alla paura del Tempo che accelera, accorciando in tal modo la vita del singolo.
Non dobbiamo dimenticare altresì che il Sole rappresenta poi anche la vita in senso letterale del termine, al punto che la sua simbologia si identifica con l'organo il cui funzionamento (sino all'invenzione dell'elettroencefalogramma) fu ritenuto baluardo contro la morte, ossia il cuore.
Così alcune posizioni del Sole e alcuni suoi aspetti con altri pianeti, possono determinare nel soggetto una scarsa voglia di vivere in generale, manifestandosi soprattutto in concomitanza di transiti problematici.

Ciò vale sia per i soggetti femminili che per i soggetti maschili, con ovvie differenze di comportamento.
Una donna Cancro tendenzialmente vedrà nell'uomo il protettore che la difende, mentre l'uomo Cancro,
lunarizzato in partenza, inverte i ruoli e, salvo particolari valori marziani nel tema, preferisce essere protetto anziché protettore.
I segni nettamente solari pongono invece problematiche più sottili ai soggetti femminili, poiché una donna Ariete, ad esempio, pur avendo impresso nella mente un ideale di uomo molto convenzionale (sportivo, battagliero, aggressivo), dopo averlo conquistato, vorrà dominarlo a sua volta!

martedì 26 agosto 2008

Principi di aerosolterapia negli animali domestici

Gli aerosol sono delle dispersioni in aria di particelle molto fini di liquidi o solidi. In linea generale tanto minore è la grandezza di tali particelle, tanto maggiore è la loro capacità penetrativa nell’albero bronchiale.
A questo proposito va detto che in aerosolterapia bisogna distinguere gli "aerosol veri" dai medicamenti condizionati sotto pressione o spray, che si trovano negli erogatori predosati (MDI, metered dose inhaler).
I primi infatti sono quelli costituiti da goccioline le cui dimensioni variano da 1 a 5 micron, mentre i secondi sono costituiti da corpuscoli di dimensioni maggiori.
Nel caso degli MDI ci sono dei distanziatori (ne esistono parecchi tipi, da semplici tubi a strutture dotate di camere di tenuta -holding chambers- con valvole ad una via, attivate dall’inalazione), realizzati specificamente per uso veterinario (Aerokat®; aerokat.com) o altri nati per uso umano e adattati alla medicina veterinaria. Essi hanno lo scopo di rendere possibile l'utilizzo a casa di farmaci (per lo più corticosteroidi) nelle forme croniche, come ad esempio l'asma felina, e che di conseguenza necessitano di somministrazioni frequenti e continuative anche in situazioni d'improvvisa emergenza. I distanziatori hanno anche il vantaggio di permettere alle particelle più grandi di cadere fuori e non penetrare nella bocca del paziente. La discriminante tra i due sistemi (aerosol e spray) consiste proprio nelle differenti dimensioni delle particelle in sospensione, in quanto sono proprio queste che, con il relativo ingombro delle vie respiratorie e la velocità dell'aria inspirata, condizionano direttamente la progressione dei principi attivi nell'albero respiratorio, poiché soltanto le particelle di aerosol veri (il cui diametro è inferiore ai 5 micron) riescono a raggiungere l'epitelio alveolare.
L'aerosolterapia è infatti essenzialmente utilizzata, come avviene in umana, nelle patologie respiratorie, per far si che i principi attivi arrivino direttamente a contatto con le vie aeree (anche quelle più profonde) e vi possano così esercitare la loro azione: una patologia tracheale o bronchiale giustifica dunque l'impiego di aerosol, in particolare per favorire il drenaggio delle secrezioni mucose e poi per la disinfezione della mucosa.
Occorre qui ricordare che alcune sostanze passano molto rapidamente nel torrente circolatorio e in tal caso questa via equivale alla somministrazione endovenosa (pensiamo ad esempio agli anestetici gassosi).
Le maggiori indicazioni per l'aerosolterapia in medicina veterinaria sono essenzialmente due: in primo luogo l'umidificazione della mucosa respiratoria nella fase congestizia, col conseguente drenaggio delle secrezioni mucose, in corso ad esempio di tracheobronchite e soprattutto nella bronchite cronica, così come nelle patologie respiratorie delle vie aeree superiori del gatto.
In secondo luogo l'azione locale antinfettiva e broncodilatatrice per facilitare l'effetto dei principi attivi nei confronti dei focolai infettivi e rendere più efficace la loro sterilizzazione.
Il mezzo a nostra disposizione per effettuare questo tipo di terapia è principalmente il noto generatore di aerosol standard o nebulizzatore, composto da una sorgente di aria compressa (bottiglia d'aria compressa o compressore), di un dispositivo di nebulizzazione (con una riserva di liquido da disperdere) e di un dispositivo di filtrazione.
I nebulizzatori impiegano dei compressori per generare delle pressioni aeree e delle velocità di flusso relativamente elevate; si ha una modificazione del sistema di base (ad aria compressa o ad ultrasuoni) per migliorare l’apporto o modulare le dimensioni delle particelle, così da renderle omogenee.
Ovviamente nei nostri animali non sempre risulta agevole far inalare la miscela tramite mascherina, per cui si ricorre ad una sorta di aerosolizzazione indiretta, allestendo una gabbietta chiusa (almeno parzialmente) per lo scopo, affinché il prodotto da diffondere in aerosol non si disperda, ma venga inalato dal paziente, una volta diffuso nell'atmosfera della gabbia, facendo si che l'animale rimanga al suo interno per tutta la durata del trattamento.

Ovviamente soprattutto in caso di ripetuti trattamenti il tutto va pensato in maniera tale che si abbia un sistema di evacuazione dei gas all'esterno, per tutelare le persone dall'azione dei principi attivi: quanti siano soggetti ad allergie da farmaci dovranno preventivamente segnalarlo e si dovranno tenere lontani dal luogo prescelto per effettuare l'aerosol.
Occorre ricordare poi che bisogna evitare di creare ambienti esageratamente surriscaldati a cui gli animali sono molto sensibili, per l'estrema facilità a sviluppare il colpo di calore.
La frequenza consigliata per le somministrazioni comprende di solito 2-3 applicazioni quotidiane di 10 minuti ciascuna per almeno 5 giorni di seguito, ma a volte si può prolungare le sedute sino a 15-30 minuti ognuna.
Il solvente adoperato più spesso è la soluzione isotonica di cloruro di sodio allo 0,9% o soluzione fisiologica, la quale già da sola è in grado di facilitare il drenaggio delle secrezioni accumulate localmente; ma si possono utilizzare pure alcune sostanze naturali (ad es. i terpeni e i terpenoidi come la canfora, la trementina, il mentolo, il gomenolo e altri) che associano l'effetto fluidificante a quello antisettico; oppure l'alcool etilico che favorendo la dispersione delle particelle e avendo un effetto antischiumogeno,viene preferito in caso di edema polmonare acuto.
I principi attivi a nostra disposizione diventano effettivamente interessanti quando la concentrazione ottenuta con l'aerosol è molto superiore a quella realizzata con la somministrazione parenterale, anche perché si ottiene la loro localizzazione direttamente dove vogliamo che agiscano.
Bisogna in generale evitare sostanze che vengano assorbite troppo rapidamente attraverso la mucosa, a meno che non si voglia ottenere una loro azione sistemica.
Tra gli antibiotici che non vengono assorbiti e che quindi agiscono solo localmente abbiamo la Kanamicina, la Gentamicina e la Terramicina. Mentre tra quelli assorbiti dalla mucosa delle vie aeree e che hanno dunque anche un'azione sistemica troviamo la Penicillina ed il Cloramfenicolo.
I migliori broncodilatatori sono senz'altro la Teofillina e l'Aminofillina.
Mentre il mucolitico più usato in aerosolterapia veterinaria è l'acetilcisteina.
Purtroppo ancora non esistono linee guida ben stabilite per il dosaggio, ma la posologia da impiegare tipicamente per via sistemica viene diluita in soluzione fisiologica e nebulizzata nell’arco di una singola sessione, inoltre il volume totale della soluzione da inalare deve essere di circa 3 ml se si usano nebulizzatori pneumatici e di 5 ml se si usano nebulizzatori ad ultrasuoni (tenere presente che la dose di farmaco che raggiunge i polmoni è il 10% circa di quella erogata dallo strumento).
Il 5-10% dei pazienti può manifestare una broncocostrizione. Quindi, è possibile somministrare dei broncodilatatori per via parenterale 15 minuti prima della nebulizzazione, oppure ricorrere ad un periodo iniziale di nebulizzazione aggiungendo direttamente il broncodilatatore al fluido nebulizzato prima del farmaco antimicrobico.
A causa delle molte domande che ancora circondano l’efficacia della somministrazione mediante MDI, questo sistema deve essere utilizzato solo come trattamento collaterale e negli animali che presentano segni di malattia molto lievi. Solo una volta posti sotto controllo i segni clinici, si può tentare di provare a ricorrere all’impiego concomitante di farmaci aerosolizzati e agenti sistemici.
L’impiego concomitante di steroidi da inalazione e sistemici può invece consentire di ridurre al minimo i dosaggi sistemici.
Ricordiamo poi che la somministrazione di antimicrobici non sostituisce il loro impiego in forma sistemica negli animali colpiti da gravi patologie respiratorie come ad esempio la polmonite.
Un'ultima raccomandazione riguarda infine la sterilità: l’apparecchio per aerosol deve sempre essere tenuto meticolosamente pulito per evitare di causare un’infezione respiratoria iatrogena, soprattutto perché stiamo parlando per lo più di pazienti già gravemente debilitati.

giovedì 21 agosto 2008

Ematologia: il sangue questo sconosciuto

Quanti di voi si sono trovati a leggere, cercando di interpretarle, le analisi del sangue del vostro beniamino di turno, una volta ritirato il referto, in attesa che il medico veterinario potesse darvi spiegazioni e delucidazioni in merito ai risultati, o comunque anche dopo ricevuto il suo responso, ci siete ritornati su anche a casa, cercando di capire il perché di tale responso?
Ebbene oggi vorrei cercare di fornirvi delle indicazioni chiave attraverso le quali se non altro tentare di conoscere le funzioni di questo tessuto circolante di vitale importanza.
Si, perché il sangue, sebbene liquido, è un vero e proprio tessuto; ma a differenza degli altri tessuti, le cellule che lo compongono non conservano dei rapporti spaziali permanenti tra loro, in quanto si spostano continuamente da una sede all'altra.Esso è formato da una sospensione di cellule (35-55%) in un liquido chiamato plasma (46-65%); in linea di massima costituisce circa il 7-8% dell'intero peso corporeo ed il suo compito principale è quello si mantenere l'omeostasi.
Per far ciò il sangue svolge numerose ed importanti funzioni.
Per mezzo dell'emoglobina (a cui è dovuto il suo caratteristico colore rosso), contenuta negli eritrociti, porta l'ossigeno ai vari tessuti e ne preleva l'anidride carbonica (CO2), permettendo letteralmente di respirare a tutte le cellule del corpo.
Inoltre trasporta sostanze nutritive (amminoacidi, zuccheri, sali minerali) e raccoglie quelle di rifiuto, escrete dai vari apparati, che porterà ai due organi emuntori principali, attraverso i quali verranno eliminate (dal filtro renale) od elaborate (dal fegato).
Il sangue funge anche da corriere affinché ormoni, enzimi e vitamine raggiungano le sedi di utilizzo.

Ed infine, ma non per questo meno importante, svolge anche un ruolo fondamentale nella difesa dell'organismo, attraverso l'azione svolta dai globuli bianchi, vere e proprie cellule sentinella.
Vediamo dunque nei dettagli tutte le varie componenti che lo costituiscono.
IL PLASMA e IL SIERO
Il plasma è un fluido leggermente alcalino, con caratteristico colore giallo paglierino, costituito per il 90 % da acqua e per il 10 % da sostanza secca.
Il suo contenuto proteico bilanciato serve a mantenere la pressione osmotica del sangue, trattenendolo all'interno dei vasi sanguigni.

Nove parti di questa sono costituite da sostanze organiche, mentre una parte è costituita da sostanze inorganiche o minerali.
Le sostanze organiche del plasma sono formate da glucidi (glucosio), lipidi (colesterolo, trigliceridi, fosfolipidi, lecitina, grassi), proteine (globuline, albumine, fibrinogeno), glicoproteine, ormoni (gonadotropine, eritropoietina, trombopoietina), amminoacidi e vitamine.
Le sostanze minerali sono dissolte sotto forma ionica, cioè dissociate in ioni positivi e negativi.

Per ottenere il plasma bisogna aggiungere al sangue contenuto in una provetta, una sostanza anticoagulante e sottoporre il campione a centrifugazione; in questa maniera la parte corpuscolata, essendo più pesante, si deposita sul fondo della provetta, separandosi dalla parte liquida che galleggia al di sopra: abbiamo così ottenuto il plasma.

Se invece al campione non viene aggiunto alcun anticoagulante, alla parte corpuscolata solida si lega anche una sostanza presente nel plasma, il fibrinogeno; centrifugando, o semplicemente attendendo un certo tempo, la parte solida si deposita sul fondo ed in superficie resta un liquido che prende il nome di siero (che quindi è semplicemente plasma privato del fibrinogeno e degli altri fattori della coagulazione).
Il siero viene preferito per molti test poiché gli anticoagulanti del plasma possono a volte interferire coi risultati.
LE CELLULE DEL SANGUE
Nel sangue, sono presenti cellule speciali, classificate in: eritrociti e leucociti.
Ci sono poi anche le piastrine, che non sono però vere e proprie cellule, ma frammenti di citoplasma.
Gli eritrociti sono le cellule più numerose del sangue.
Sono chiamati anche emazie, o globuli rossi.
La morfologia delle cellule del sangue viene studiata in vari modi, ma senz'altro la più comune è la tecnica dello striscio essiccato e colorato.
Lo striscio si prepara con una goccia di sangue fresco distendendola delicatamente su un vetrino, ottenendo così un velo sottile ed uniforme in cui le cellule si trovano per la maggior parte disposte in un solo strato.

Lo striscio così ottenuto viene essiccato all'aria e sottoposto ad una delle tante colorazioni in maniera tale da poter evidenziare le varie componenti cellulari e distinguere i vari tipi di cellule tra loro direttamente al microscopio.
Ricordiamo che tutte le cellule che compongono i vari organi sono fondamentalmente formate da un nucleo, da sostanza che lo circonda definito citoplasma e da una membrana che racchiude il tutto; per esemplificare si pensi ad un uovo (che non è altro che un'enorme cellula): il nucleo e' il tuorlo (il rosso), l' albume e' il citoplasma (il bianco - la chiara), mentre il guscio e' la membrana.
GLI ERITROCITI O GLOBULI ROSSI
Nei mammiferi gli eritrociti sono le sole cellule prive di nucleo e hanno forma rotonda schiacciata al centro (disco biconcavo), ricordano più' o meno una golia o se preferite una focaccina depressa al centro.
In altri vertebrati , per esempio nei volatili o nei rettili, invece conservano il nucleo. Il loro numero totale varia sia da una specie all'altra (cane=5,5milioni/8,5milioni; gatto=5milioni/10milioni) che all'interno di una stessa specie, a seconda della razza, dello stato di nutrizione, del lavoro e dell'età.
I globuli rossi sono ricchi di emoglobina, una proteina capace di legarsi all'ossigeno.

Queste cellule hanno infatti il compito di rifornire di ossigeno i vari apparati dell' organismo e in parte di recuperare l'anidride carbonica che viene prodotta come scarto.
La maggior parte dell' anidride carbonica e' pero' trasportata dal plasma come carbonati.

L' assenza del nucleo lascia più spazio all'emoglobina e la forma biconcava aumenta il rapporto tra la superficie e il volume della cellula. Queste caratteristiche rendono più efficiente la diffusione dell'ossigeno da parte di queste cellule.
Gli eritrociti hanno una vita media di 120 giorni.

Giunti al termine della loro vita, vengono sequestrati dalla milza, dal fegato e dal midollo osseo e fagocitati (praticamente mangiati) dai macrofagi.

LE PIASTRINE O TROMBOCITI
Le piastrine, o trombociti, hanno il compito di cooperare con altri elementi all'emostasi, ovvero alla coagulazione del sangue, ad esempio concorrono, in caso di ferita, alla formazione di coaguli per impedire l' emorragia.

A questo scopo si uniscono e liberano alcune sostanze che promuovono la coagulazione del sangue.
Fra queste c'è la serotonina che riduce il calibro dei vasi lesionati e rallenta il flusso ematico, la fibrina che intrappola cellule e forma il coagulo.
Sono molto più piccole degli eritrociti e il loro numero nel sangue circolante varia tra le 300.000 e le 500.000 unità.
I LEUCOCITI O GLOBULI BIANCHI
I leucociti, o globuli bianchi, sono tipiche cellule nucleate, hanno lo scopo di difendere l' organismo e vengono prodotti dalla milza, dai linfonodi e dal midollo osseo.
Nel sangue sono assai meno numerosi dei globuli rossi, ma hanno tutti un certo grado di motilità, tanto che sono anche in grado di abbandonare il sangue circolante e raggiungere altre sedi dove è richiesto il loro intervento.

I 5 diversi tipi di leucociti riconoscibili si dividono in due categorie, a seconda della presenza o meno di granulazioni citoplasmatiche specifiche: granulociti e cellule linfoidi (o agranulociti).
I granulociti si chiamano così perché contengono dei granuli all' interno del loro citoplasma. Questi granuli sono diversi nei vari tipi di granulociti e ci permettono di differenziarli.
Si distinguono (in base alla colorazione che assumono i granuli contenuti nel loro citoplasma) in neutrofili (anche detti polimorfonucleati per le varie forme assunte dal loro nucleo), eosinofili (o acidofili che si colorano di rosso) e basofili (dai caratteristici granuli color porpora).
I granulociti
-I
neutrofili sono in assoluto la quota più rappresentata (il 55-65% del totale), sono molto attivi nel fagocitare batteri e residui di tessuti danneggiati e sono presenti in grandi quantità ad esempio nel pus.
Sono in grado di digerire solo pochi microbi e muoiono dopo averne fagocitati alcuni.
La fagocitosi e' la modalità con cui alcune cellule, o alcuni organismi monocellulari (molto attivi sono i macrofagi - vedi oltre -), "catturano" e "digeriscono" altri microorganismi o particelle;
ad es. quando un neutrofilo decide di fagocitare una particella che gli arriva a tiro, la circonda con delle protuberanze che emette (pseudopodi), questi pseudopodi abbracciano completamente la particella che viene risucchiata all' interno della cellula (la particella inglobata prende il nome di fagosoma).
A questo punto il fagosoma viene unito a delle strutture cellulari presenti nel citoplasma (i lisosomi) e diviene fagolisosoma, il fagolisosoma e' una struttura deputata alla digestione della particella inglobata.
-Gli eosinofili sono tra l'1% e il 3% di tutti i granulociti, e anche se la loro vera funzione non è completamente conosciuta, si sa che aggrediscono i parassiti e fagocitano i complessi antigene-anticorpo, infiltrando le sedi di reazioni allergiche.
-I basofili rappresentano la quota minore (compresa tra lo 0 e l'1% di tutti i granulociti) secernono sostanze anticoagulanti, vasodilatatrici come l'istamina e la serotonina. Anche se possiedono capacità fagocitaria, la loro funzione principale è quella di secernere sostanze che mediano la reazione di ipersensibilità, intervenendo quindi nelle allergie; ma anche negli stati di stress, in modo molto simile agli eosinofili.
I linfociti
I linfociti sono cellule che, oltre a essere presenti del sangue, popolano gli organi e i tessuti linfoidi, nonchè la linfa che circola nei vasi linfatici. Gli organi linfoidi comprendono il timo, il midollo osseo (negli uccelli la bursa), la milza, i linfonodi, le tonsille palatine, le placche di Peyer (ubicate nell' intestino) e il tessuto linfoide dei tratti respiratorio (BALT) e digerente (GALT).
La maggior parte dei linfociti circolanti nel sangue si trova allo stato di riposo.
Sono assieme ai neutrofili i leucociti più numerosi nel sangue circolante.

Essi hanno l'aspetto di piccole cellule con nucleo compatto che occupa quasi tutto il volume cellulare. Di conseguenza, il citoplasma è molto ridotto. La loro funzione principale consiste nella capacità di rispondere alle sostanze immunogene (allergeni), sintetizzando e liberando in circolo gli anticorpi e di evocare risposte immunitarie che coinvolgono l'immunità cellulare (ipersensibilità ritardata, immunità da trapianto ed alcune malattie autoimmuni).
I linfociti degli organi e dei tessuti linfoidi possono invece essere attivati in varia misura a seguito della stimolazione antigenica (ad es. se nell' organismo penetrano dei virus).

Nel sangue, i linfociti rappresentano il 20-40% di tutti i leucociti e possiedono una dimensione leggermente superiore a quella dei globuli rossi. I linfociti sono i costituenti principali del sistema immunitario; rappresentano una difesa contro l'attacco di microrganismi patogeni quali virus, batteri, funghi e protozoi. Quando vengono stimolati essi si attivano ed alcuni di questi che producono anticorpi, li dispongono sulla loro membrana; altri invece si trasformano, crescono in dimensioni e riversano gli anticorpi nel plasma e per questo motivo prendono il nome di plasmacellule.
I monociti e i macrofagi
I monociti sono precursori dei macrofagi del tessuto connettivo.
Sono le cellule del sangue in assoluto di dimensione maggiore.
Si caratterizzano per una vivace attività ameboide e fagocitaria.

Quando nel midollo osseo raggiungono la maturità, vengono immessi nella circolazione sanguigna dove permangono per 24-72 ore.
Migrano poi nel tessuto connettivo, dove diventano macrofagi e si muovono nei tessuti.
In presenza di un focolaio infiammatorio, i monociti migrano attivamente dai vasi sanguigni e iniziano una intensa attività fagocitaria. Il ruolo di queste cellule non si esaurisce però nella sola fagocitosi poiché mostrano anche un'intensa attività di secrezione.

Essi producono sostanze che hanno funzioni difensive, come il lisozima, gli interferoni ed altre sostanze che modulano la funzionalità di altre cellule.
Qualsiasi accumulo di monociti nei tessuti indica stati patologici cronici.